L'autolisi

Secondo Giorilli

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    Ho trovato questo bell'articolo di Giorilli (quello che ha scritto "Panificando"), su DolceSalato

    "I segreti dell’autolisi
    a cura di Piergiorgio Giorilli
    (Maestro Panificatore, Docente e Presidente del Richemont Club Italia e Internazionale)

    La corretta esecuzione dell’impasto è fondamentale nella preparazione del pane e, più in generale, di tutti i prodotti da forno. La qualità e le caratteristiche del prodotto finito dipendono in larga misura da come viene gestita questa fase del lavoro. I metodi per preparare l’impasto sono numerosi. I più comuni sono sicuramente il sistema diretto, che prevede la lavorazione di tutti gli ingredienti in un’unica fase, e indiretto, che richiede dapprima la preparazione di un preimpasto (biga o poolish) a base di farina, acqua e lievito compresso. Questo preimpasto, dopo un periodo di fermentazione, viene versato nella vasca dell’impastatrice e lavorato con gli altri ingredienti previsti dalla ricetta. Esiste anche un metodo semidiretto, che utilizza la pasta di riporto oppure un pre-fermento, oltre a tecniche particolari come l’impasto intensificato o l’impasto a caldo.

    La tecnica in tre fasi
    Per la panificazione con lievito naturale è particolarmente indicata la tecnica dell’autolisi. Si tratta di una metodologia di lavoro che consente di sfruttare l’autoevoluzione del glutine.Il sistema con autolisi si sviluppa in tre fasi distinte: la miscelazione iniziale della farina con una parte dell’acqua, il riposo dell’impasto autolitico così ottenuto e, infine, l’impasto finale. La prima fase della preparazione di un impasto autolitico consiste quindi nell’impastare molto delicatamente la farina e il 55% dell’acqua prevista dalla ricetta. Utilizzando un’impastatrice a spirale, per esempio, saranno sufficienti 5/8 minuti in 1° velocità. La seconda fase, ovvero il riposo di questo primo impasto, può durare da 20 minuti a 24 ore. La durata del riposo di un impasto autolitico si stabilisce in base alle caratteristiche della farina e alle esigenze produttive. In linea generale, quanto più la farina è forte e resistente, tanto più lungo dovrà essere il periodo di riposo. Se questo lasso di tempo è superiore alle 5/6 ore è consigliabile aggiungere alla miscela di acqua e farina anche una parte del sale e ridurre la quantità di acqua al 45/50%. In questo caso è bene che la successiva conservazione avvenga a una temperatura di 18°/20°C. Per tempi di riposo più brevi, l’impasto può invece essere lasciato a temperatura ambiente, eventualmente anche nella stessa vasca dell’impastatrice. Trascorso il periodo di autolisi si passa alla terza fase, ovvero all’impasto finale. È a questo punto che vengono aggiunti tutti gli altri ingredienti della ricetta: il lievito, il malto, l’acqua eventualmente rimasta, il sale e, naturalmente, altri ingredienti previsti per il tipo di pane che si sta preparando. Si procede quindi a impastare, in seconda velocità, per il tempo necessario. L’impasto ottenuto può essere utilizzato totalmente per l’esecuzione del prodotto (tutta la farina della ricetta viene adoperata per autolisi) o anche parzialmente; in questo caso, in fase di impasto finale, viene aggiunta dell’altra farina (la cui quantità non deve superare cinque volte quella della farina utilizzata per autolisi ).

    I vantaggi dell’autolisi
    La tecnica dell’autolisi conferisce al prodotto finale un sapore caratteristico, un ottimo sviluppo e una più lunga shelf-life. Questo sistema ha, inoltre, il vantaggio di ridurre i tempi di lavorazione, mentre la consistenza dell’impasto diventa particolarmente liscia e malleabile, la formatura risulta più agevole e il prodotto finito presenta volume superiore, migliore alveolatura e maggiore sofficità della mollica. Tutti questi vantaggi sono il risultato di processi fisici e chimici che hanno luogo durante il riposo della pasta. In questa fase, infatti, l’impasto subisce, al suo interno, importanti modifiche. In particolare avviene l’idrolisi (dal greco hydro = acqua, e lysis = sciogliere, è l’insieme di diverse reazioni chimiche in cui una molecola viene scissa in due o più parti per inserimento di una molecola di acqua) dei suoi componenti ad opera degli enzimi (in particolare amilasi e proteasi), attivati dall’acqua dell’impasto. Sotto l’azione degli enzimi amilasi, l’amido si scinde in zuccheri, fornendo così elementi nutritivi ai lieviti contenuti nell’impasto. Di conseguenza, la fermentazione successiva dell’impasto finale sarà agevolata e anche le caratteristiche organolettiche del prodotto finale saranno migliori (il gusto e il profumo in particolare). Gli enzimi proteasi, invece, sono protagonisti della reazione di proteolisi. Si tratta di un processo che avviene normalmente in tutti gli impasti, ma che si sviluppa soprattutto durante il periodo di riposo e consiste nella “frantumazione” della maglia glutinica dell’impasto in pezzi più piccoli. In questo modo le catene proteiche si allungano e la pasta acquista maggiore estensibilità, diventando più malleabile. La proteolisi può essere più o meno attiva in relazione a diversi fattori: la struttura delle proteine (in particolare le proprietà del glutine ), l’attività enzimatica della farina, la presenza nell’impasto di determinate sostanze, la temperatura dell’impasto ecc… Se la proteolisi è la reazione base che avviene nell’impasto autolitico, non è l’unica che trasforma le proprietà del glutine della pasta. Nell’impasto avviene, infatti, anche una reazione opposta, ovvero il rafforzamento della maglia glutinica dovuto all’azione dell’ossigeno dell’aria, inglobato dalla pasta durante la lavorazione (reazione di ossidazione). Sotto l’azione dell’ossigeno, i gruppi tiolici della maglia glutinica (SH-) si trasformano in ponti disolfurici (-S=S-). Come conseguenza, il glutine si rinforza, diventa più elastico e sarà in grado di assorbire quantità superiori d’acqua. Tale reazione avviene soprattutto nella prima e nell’ultima fase (quella dell’impasto finale). In misura minore, si sviluppa anche durante il riposo della pasta. Proteolisi e ossidazione, agiscono quindi contemporaneamente sulla maglia glutinica. Di conseguenza, le catene proteiche si allungano, si gonfiano, assorbendo aria e acqua, e completano la loro idratazione; così l’impasto durante la lavorazione finale raggiunge la migliore consistenza in periodo più breve e con quantità d’acqua maggiori. In altri termini, l’autolisi è una tecnica, che dona all’impasto una particolare estensibilità, ma nello stesso tempo migliora l’elasticità e il grado d’assorbimento dell’acqua. I tempi d’impasto si riducono e l’impasto risulta particolarmente liscio. Questa tecnica è particolarmente utile per la panificazione con il lievito naturale (date le caratteristiche dell’impasto, che risulta sempre un po’ più “nervoso”, meno liscio rispetto a quello a base di lievito compresso, a causa dell’acidità contenuta; caratteristica questa, ancora più marcata se il lievito naturale è più forte o più acido del dovuto), oppure quando si utilizzano farine molto resistenti. Per gli impasti dei dolci da ricorrenza a base di lievito naturale, che contengono un’alta percentuale di materia grassa e hanno naturalmente una buona estensibilità, questa tecnica non offre vantaggi particolarmente evidenti, mentre per gli impasti con lievito naturale non contenenti i condimenti risulta quasi indispensabile."


    Beh, che ne pensate?

    Sembra uno spunto PARECCHIO interessante, per le nostre sperimentazioni (per questo ho evidenziato qualche frase)!

    Peraltro, ho notato che nel suo libro, Giorilli cita l'autolisi per il Pane di semola rimacinata di grano duro con lievito naturale, ma lì dice di inserire anche il lievito naturale fra gli ingredienti del primo impasto.

    Mi sembra un modo "strano" per fare l'autolisi.

    In questo articolo, invece, dice di mettere solo acqua e farina nel primo impasto e questo metodo concorda con quello che conoscevo.

    Boh....

    L'idea dell'autolisi mi sembra perfetta ora che il caldo comincerà e che dovremo ridurre i tempi (e le temperature) di impasto e, come se non bastasse, credo che qualcuno di noi già sia parecchio avanti su questa strada...... anche se, invece di "autolisi", usa il termine "riposi".... vero Fra' Marko??? ;)

    Edited by Notturno Italiano - 12/5/2015, 08:27
     
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  2. framarKo
     
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    Ehm Ehm Ehm.... image

    Il solito Jefferson:

    Autolyse - è una parola di fantasia che significa solo una cosa semplice. La farina e l'acqua dovrebbe stare insieme per almeno 20 minuti prima di impastare . E' un passo fondamentale. Alcuni dicono che si deve mescolare solo la farina e l'acqua insieme, poi dopo 20 minuti aggiungere il sale e lievito, poi mescolare. Altri dicono che è possibile aggiungere tutti gli ingredienti all'inizio. Ho trovato poca differenza.
    Versare tutti gli ingredienti nel mixer, se non basta usare il 75% della farina per ora. Così tutta l'acqua, sale, POOLISH (Video di POOLISH), Instant lievito secco (se utilizzato) e il 75% della farina sono messi nel mixer. Tutto deve essere a temperatura ambiente o un po freschi.
    Non vi è alcuna necessità di sciogliere il lievito in acqua tiepida o alimentarlo con lo zucchero, al lievito è stato probabilmente necessario decenni fa, ma non ho mai avuto il lievito che non è stato attivato. Il lievito si nutre della farina in modo che non c'è bisogno di mettere in zucchero. La fase di correzione che si vedono in molte ricette in realtà è una vecchia leggenda, a questo punto.
    Mix di velocità più bassa per 1-2 minuti o fino a quando, completamente miscelati. In questa fase si dovrebbe avere un mix che è più secco di una pastella, ma più umido di un impasto. Più vicino alla pastella.
    Coprite e lasciate riposare per 20 minuti. Una delle cose più importanti che ho trovato è che questi periodi di riposo hanno un enorme impatto sul prodotto finale. Ho visto così tanto discutere online circa la farina corretta per fare la pizza. "Hai bisogno di super farina ad alto contenuto proteico per ottenere la struttura giusta per una pasta della pizza". La gente discutere all'infinito su marchi e piccole modifiche in miscele di farina, i tipi di acqua, ecc Discutere di questo è mito e una gran perdita di tempo. Il periodo di Autolyse è molto più importante verso la creazione di sviluppo strutturato di glutine che la percentuale di proteine di partenza. Autolyse e impastare correttamente e la farina produrrà una grande pizza con un sacco di struttura.

    In questo caso Jefferson parla di 20' con farine tipo Caputo, il Giorilli approfondisce il discorso, bravo fratEtto', fra-marKo.
     
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  3. ondadeltempo
     
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    Sono d'accordissimo con te FraMarko,e bravo Frà Ettore per intuire discussioni interessantissime.
    In questo periodo sono un pò occupato e stò trascurando un pò il Forum, ma mi riprenderò.
    Ma ora dovremo stabilire delle regole, a volte sono necessarie anche loro.
    Il tempo di autolisi dunque, soffermiamoci su questo per adesso.
     
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    Allora..... la faccenda è abbastanza complessa perché i processi attivi durante l'autolisi vanno in direzioni opposte.

    1) Da una parte abbiamo la spontanea formazione di maglia glutinica come conseguenza dell'idratazione capillare della farina.

    Sostanzialmente è lo stesso processo che determina la formazione del glutine nel pane no-knead.

    Anche lì, infatti, il glutine di forma per lo più grazie all'autolisi, anche se poi viene rinforzato dalla serie di pieghe.

    2) In direzione opposta alla formazione del glutine abbiamo la proteolisi dovuta all'enzima "proteasi" La proteasi agisce sul glutine (che è la proteina, appunto, che si va a disciogliere) e lo spezzetta, come dice lo stesso Giorilli.

    Sicché, da una parte abbiamo un rafforzamento del glutine (idrolisi) e dall'altra un indebolimento del glutine.

    3) come se non bastasse, l'autolisi attiva anche l'enzima amilasi, che scioglie l'amido e lo riduce in zucchero più semplice.

    Copio e incollo da un altro mio post:

    "E' lui (l'amido) che, degradato dagli enzimi del'amilasi, si trasforma in uno zucchero semplice (glucosio), passando attraverso una serie di stadi di degrado.

    1) Dallo stadio iniziale di amido, con l'aiuto dell'Alfa-amilasi, si passa a quello di
    2) destrine (ancora un polisaccaride, ma un po' meno complesso) e da lì, grazie all'enzima B-amilasi, si trasforma in
    3) maltosio (un disaccaride) e, finalmente, mediante l'azione dell'enzima Maltasi, si giunge alla fase di
    4) glucosio, utilizzabile direttamente dal lievito."
    (da "Il rinfresco, Chimica e metabolismo del lievito". Qui: https://laconfraternitadellapizza.forumfree.it/?t=54946903)

    Il degrado dell'amido provocato dall'autolisi è importantissimo perché determina un marcato aumento di disponibilità di zucchero semplice (glucosio), che è l'unico nutrimento del lievito (NB: di QUALUNQUE LIEVITO).

    Il che vuol dire che i lieviti, appena inseriti, troveranno "pane per i loro denti" e agiranno con un'efficacia rara.

    Secondo me questo potrebbe anche comportare una riduzione dei tempi di lievitazione, oppure una minore esigenza di lievito da utilizzare.

    Sono molti, dunque, i processi che interagiscono.

    Secondo me le variabili son così tante che bisogna muoversi con i piedi di piombo nel fare esperimenti, variando solo un fattore alla volta.

    Confesso di avere le idee abbastanza confuse.




     
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  5. ondadeltempo
     
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    Chiarissimo Frà Ettore,di una semplicità esplicativa ottimale ! :D
    Aggiungo io un esempio banale ma che potrebbe rendere l'idea: Immaginate una rete di maglia metallica che si stende e quindi si allarga nei suoi intrecci ,ma che allo stesso tempo i fili dell'intreccio si assottigliano piano piano..! :D
    Quindi tutto stà in un rapporto Forza glutine ( spessore fili degli intrecci e loro quantità)-tempo.
    C'è un punto X, che sarebbe l'apice ideale della parabolica del fenomeno, dove la salita corrisponde al tempo di fase di distensione e la discesa la fase di avvicinamento alla rottura della maglia glutinica. E' cosi o no ?
    Se no, mi merito delle frustate di penitenza !
     
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    E' questo il punto, fra' Mario!

    Non si può pre-determinare a-priori il punto-x, perché l'allungamento ottimale del glutine dipende da:

    a) forza della farina;
    b) P/L;
    c) Falling Number.

    E ho la netta sensazione di aver dimenticato almeno 6 o 7cento altri fattori.

    Per questo dicevo che, se mai decideremo di fare esperimenti, dovremo per forza farli moooooolto cautamente, limitando al massimo le variabili (es: utilizzare sempre la stessa farina con tempi diversi di "fermo"), oppure usare tempi uguali di fermo e due farine diverse, a confronto.

    Appena finisco la Fabbrica di San Pietro, qui, mi metto all'opera.

    Questa cosa dell'autolisi mi ha colpito parecchio.

    Sia perché fra' Marko la sta "frequentando" da un bel po' (e i suoi risultati..... mi fanno invidia) e sia perché l'autolisi appare ottima per l'utilizzo del lievito naturale (che maggiormente si giova dei nutrienti fornitigli dall'autolisi).

    Da ultimo, il brano riportato da fra' Marko, che invita a soffermarsi poco sulla qualità della farina e sottolinea come l'autolisi dia forza e struttura anche a farine otiginariamente "meno dotate", mi fa forse intravvedere una soluzione al mio più antico e irrisolto dubbio:

    COME CAVOLO FACEVANO I PIZZAIUOLI DEL '700 A FARE PIZZE OTTIME SENZA LE FARINE DI FORZA CHE ABBIAMO NOI?

    ........ fooooooorse la risposta sta proprio qui. :woot:

     
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  7. ondadeltempo
     
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    Ok,anche io usero una fissa :la farina ed una variabile :il tempo.
    Intanto se mi potresti aiutare, sono giorni che navigo sul web alla ricerca di una soluzione.
    Ti spiego:
    Ho in cucina un imponente camino di marmo rosso,poi ti manderò qualche foto, angolare,installato anni fà,quando non si aveva l'esperienza di oggi.
    Ora vorrei installare un forno in cucina, a legna(quello del terrazzo a gas è solo l'ultima opzione remota),m aper far questo devo sfruttare lo spazio che ho dell'attuale camino.
    Mia moglie, giustamente non mi vuol far togliere il camino(pena separazione) al massimo sostituirlo con uno più piccolo e combinato al forno.Il problema e che non trovo soluzioni di combinati a sviluppo verticali decenti, ossia forno non troppo piccolo.
    Se ti capita qualcosa che hai visto, mandamela.
    Ovvero camino sotto e forno sopra unica canna fumaria!
     
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    Ne ho già visto qualcuno quando facevo le ricerche per il progetto del mio FAL!

    Ce n'era uno bellissimo, col forno ad altezza d'uomo, messo accanto al camino.

    Appena posso ti ritrovo tutto.

    Bellissimo il tuo progetto, cmq.

    Non dirlo a tua moglie, ma io sono d'accordo con lei! :D :D :D
     
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    Stavo meditando, nella mia angusta celletta, sull'autolisi e ho notato che esiste già una serie di conferme e di connessioni con altre tecniche.

    Per esempio, il pane no-knead.

    Quello, forse, è l'esempio più clamoroso di autolisi. Io ho cominciato proprio con quello: mescoli acqua e farina per 12/18 ore (!!!) e con due pieghe ti ritrovi un bel pane gonfio e ben glutinato!

    Anche fra' Vittorio lo ha provato. Le sue splendide "Stecche di Jim", sono un gran bell'esempio di autolisi (sia pure con il lievito incorporato).

    Ma non solo quello.

    In qualche modo, secondo me, anche il poolish è una forma di autolisi, con l'unica variante dell'aggiunta di lievito.

    La similitudine sta nel fatto che anche in questo caso una parte della farina viene impastata in (largo) anticipo rispetto al resto e ha tutto il tempo di maturare e anche (nel caso del poolish) di lievitare.

    A questo punto, però, seguendo questa pista ci si ritrova inevitabilmente di fronte a una domanda:

    Se una parte della farina, grazie all'autolisi, matura più a lungo e forma spontaneamente la maglia glutinica, l'altra parte della farina, quella aggiunta dopo, che fine fa?

    E qui, cari fratelli, si apre un mondo bellissimo!

    Prendiamo l'inizio dalle considerazioni fatte ne "LOS TRES AMIGOS".

    Credo che sia giusto dire, come sunto concettuale, che la pizza perfetta si ha quando si riesce a infornare nel momento in cui coincidono:

    a) lievitazione;
    b) maturazione;
    c) glutinazione.

    Ma che succede quando UNA PARTE della farina matura (e glutina!) a lungo e un'altra parte, invece, lo fa per meno tempo?

    Potrebbe, l'impasto, risultare sbilanciato?

    Forse si, almeno secondo logica.

    Se vogliamo un impasto finale che abbia il 60% di idratazione e partiamo con un impasto che vede coinvolto acqua e farina in pari misura, ne risulterà che il restante 40% di farina partirà con la sua maturazione solo in un secondo momento.

    E questo secondo momento può essere breve (un'ora), ma anche lungo o lunghissimo (l'autolisi si può spingere fino a 10-12 ore!).

    Si tratta, dunque, di un aspetto non marginale, che vede coinvolta una buona dose di farina, quasi la metà, che non beneficerà della stessa maturazione di cui ha goduto l'altra parte, immessa inizialmente.

    Vale la pena di intervenire per riequilibrare?

    Se si, come?

    Io credo che valga la pena fare qualche esperimento!

    Sulla base di queste considerazioni:

    1) la farina "autolitica" (quella immessa all'inizio, con l'acqua) deve reggere TUTTO il tempo che viene previsto per l'intero processo e deve avere, dunque, una forza adeguata;
    2) la farina "aggiunta" deve, invece, avere caratteristiche tali da maturare nel SUO tempo di idratazione (una forza inferiore, dunque, rispetto alla prima).

    Ci si apre, in questo modo, il mondo della "spezzatura" delle farine nell'impasto.

    Possiamo provare sia con farine molto forti, per lunghi tempi di autolisi, tipo:

    autolisi a mezzanotte con manitoba,
    aggiunta alle 8 con caputo blu
    Staglio alle 17
    infornare alle 20

    Oppure:

    autolisi alle 6 con farina 0 o anche 1
    Aggiunta alle 8 con Caputo blu
    Staglio alle 17
    infornare alle 20

    O anche:

    autolisi alle 8 (ma anche meglio, alle 6) con caputo blu
    aggiunta alle 14 con barilla
    Staglio alle 17
    infornare alle 20

    E chissà quanti altre tipologie di impasto e di spezzature vi verranno in mente!

    Fratelli.... c'è UN MONDO che ci si apre!!!!!

    Tra l'altro, l'autolisi ha un effetto che potrebbe risultarci utilissimo: pre-degrada l'amido e rende subito disponibili grosse quantità di glucosio per i lieviti e, ricordo, quello è l'unico cibo di cui si nutrono!

    Risultato: lievitazione accelerata.

    A questo punto, mi viene in mente un'altra cosa.

    Abbiamo visto che il metabolismo dei lieviti è duplice: anaerobico e aerobico.

    Nella fase aerobica il lievito usa la sua energia per moltiplicarsi, mentre nella seconda fase la usa per la vera e propria lievitazione.

    Ebbene, probabilmente, per favorire la moltiplicazione dei lieviti, nella fase in cui si aggiungono farina e lievito all'impasto, converrà ossigenare l'impasto autolitico al massimo, subito prima di inserire la farina aggiuntiva e il lievito.

    E questo sarà facilmente realizzabile perché in quella fase l'impasto autolitico avrà la consistenza di una crema, per cui sarà sufficiente sottoporlo a una ricca e lunga frullata per ossigenarlo al massimo (sostanzialmente la stessa operazione che abbiamo imparato a fare quando ossigeniamo la crema di coltura del lievito naturale).

    Otterremo, in questo modo, un ottimo "terreno di coltura" per i nostri lieviti, che troveranno sia il glucosio (liberato dagli enzimi nella fase autolitica) che l'ossigeno, ottenuto con la nostra frullata.

    In teoria, in questo modo i lieviti dovrebbero letteralmente esplodere!

    Meditate, fratelli, meditate!

    ...... :rolleyes: :rolleyes: :rolleyes: :rolleyes:

    Sono troppo entusiasta, evve'? :unsure:

    Edited by Notturno_Italiano - 10/4/2011, 14:45
     
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  10. fornoalegna
     
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    Questo mondo è infinito, ha tante finestre ed ogni tanto se ne apre una nuova. Al punto da dire: come ho fatto a non pensarci prima???
    Le considerazioni di Frat'Ettorre sono bellissime, non nel senso estetico, ma in quello scientifico e funzionale, per ciò ben vengano.
    Quindi per l'impasto finale - quando aggiungiamo la seconda farina - , più ci avviciniamo alla fase di apretto, più diminuisce la forza della farina da utilizzare, Al contrario, se abbiamo più tempo a disposizione maggiore deve essere la forza della farina. ho capito bene?
    Adesso però cerco di complicargli la vita e sollevare un dubbio.
    Quando dice....

    "....E questo sarà facilmente realizzabile perché in quella fase l'impasto autolitico avrà la consistenza di una crema, per cui sarà sufficiente sottoporlo a una ricca e lunga frullata per ossigenarlo al massimo (sostanzialmente la stessa operazione che abbiamo imparato a fare quando ossigeniamo la crema di coltura del lievito naturale)....."

    Ma questa "lunga e ricca frullata" non provocherà danni (irreparabili) alla struttura che si è già formata?? Anche se la massa autolitica è allo stato di crema, comunque una glutinazione è già presente.... e allora che si rischi si corrono??
    Si riparte da zero - o quasi - con la seconda farina??
    Saluti
    fornoalegna
     
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    Ottima domanda, fra' Vitto'!!!

    La risposta è: NON LO SO!

    Ma, forse, possiamo arrivare assieme alla soluzione.

    Partiamo da questo: la densità della crema è tale che, secondo me, la frullata non dovrebbe nuocere troppo alla maglia glutinica, ma soltanto predisporne il successivo ulteriore allungamento.

    Tu hai già il lievito naturale in crema, ebbene: che succede quando lo ossigeni, nel rinfresco, sbattendolo a lungo con una forchetta o con la frusta?

    Lo noti che tende ad arrotolarsi attorno alla forchetta?

    E' troppo liquido per restarvi attaccato, è vero, però ti accorgi subito che la frusta o la forchetta si ingrossano e si gonfiano di crema, vero?

    Beh, è quello che succede: il glutine (già formatosi) continua a formarsi per l'energia meccanica, ma non è tanto resistente da reggere tutto il peso del liquido e "sgancia".

    Ma l'importante è che le catene si formino!

    Se poi si spezzano dopo aver raggiunto una certa lunghezza non è gravissimo, perché la cosa importante è che si sia creata una enorme quantità di catene semi-lunghe, cui basterà, poi, un breve tempo di impasto ulteriore per riunificarsi nelle solite catene cui siamo abituati.

    E' come se, nella fase di frullatura, si venissero a creare dei "pre-fabbricati" composti di parti di catene di media lunghezza, mentre quelle davvero lunghe si formeranno solo quando inseriremo la farina residua e porteremo a termine l'impasto con il corretto grado di idratazione.

    A me sembra plausibile e logico..... e ti dirò di più: stasera inizio qualche esperimento e domani sera posterò i risultati.

    Vorrei provare un paio di impasti da confrontare, per evidenziare le differenze dovute a queste tecniche.

    Che bello, dopo un così lungo periodo da "fornaio", tornare a impastare mi sembra un sogno.

    :)
     
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  12. fornoalegna
     
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    Anche io non pensavo ad una risposta certa, lo scopo era solo quello di analizzare il problema sotto diversi aspetti ed è quello che stiamo facendo bene...mi pare.
    Le tue considerazioni sono logiche e se la la logica ha un senso.....evviva.
    Certamente con l'aggiunta della seconda farina le catene potrebbero e dovrebbero rigenerarsi, ma se lo "sbatacchiamento" è stato "ricco e lungo" tale da rendere poco probabile il ricongiungimento della maglie?
    E' vero che nel rinfresco del lievito liquido più frulli più incorpori aria, è altrettanto vero che non devo utilizzarlo subito dopo, proprio perchè si tratta di un rinfresco e non di un impasto destinato a concludersi ed a "cuocere" nel giro di poco tempo.
    Per cui mi verrebbe da pensare: si alla frullata ma "povera e breve" il resto lo farà il secondo impasto comprendente la seconda farina. Dovrebbero esserci comunque nutrienti in quantità e qualità tali da ottenere il risultato desiderato.
    Ma ...non resta che provare, salvo che qualcun'altro ci illumini preventivamente con convinzione .
     
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  13. framarKo
     
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    Volevo farvi notare che spesso alla seconda farina si aggiunge anche acqua, e se fosse bella fredda e frullata con tante bollicine o gassata e ghiacciata, l'ho visto fare in maniera furtiva!!! Interesserebbe anche la prima farina senza strapazzarla.
    fra-marko l'investigatore!
     
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  14.  
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    Mooooolto interessante il doc che mi hai mandato via mail, fra' Marko!!!! Grazie davvero.

    Se le bollicine di cui parli fossero di CO2 non sarebbero molto utili ai lieviti, che prediligono l'ossigeno.

    Ma non so proprio spiegarmi la seconda aggiunta di acqua.....

    Ieri, immettendo la seconda farina, non mi dava nessuna sensazione di fabbisogno di liquidi..... Boh...

    Circa il dubbio di "lesione" delle catene, giustamente paventato da Fra' Vittorio, non c'è che una soluzione: sperimentare.

    Dal punto di vista teorico, invece, ho l'impressione che la scissione di un legame chimico non sia come la rottura di un legame meccanico, nel senso che mentre quello meccanico si "spezza", frantumandosi, e difficilmente resta idoneo a formare nuovi agganci, quello chimico non subisce danni e anche dopo lo sgancio resta sempre idoneo a nuove formazioni di catene e maglie.

    Nel frattempo, ho tirato fuori dal frigo il LN e ora lo ossigenerò e rinfrescherò.

    Se ci riesco, faccio anche un breve video... così mostro cosa intendo quando il glutine tende ad avvolgersi alla frusta.

    Poi, magari, faremo anche un raffronto con il video di ossigenazione dell'impasto autolitico.

    Insomma, fratelli, QUI SI SPERIMENTA!

    Mi sa che stasera avvìo un impasto autolitico con manitoba e domattina, alle 6, altri due: uno tutto con caputo pizz. e uno autolitico con caputo pizz, con aggiunta di barilla.

    Se avete dei suggerimenti: SPARATELI SUBITO!

    Conto di impastare verso le 22. (Più tardi non vado..... ciossonno!) :D
     
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  15. ondadeltempo
     
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    Una domanda, pionieri dell'autolisi: Converrebbe mettere il lievito subito durante l'autolisi o dopo ?
     
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89 replies since 6/4/2011, 11:07   46536 views
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