Sekai de saikō no Tenpura!!!

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    chi ha tempo non aspetti: TEMPURA!

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    Il giorno in cui vi sentirete sufficientemente autolesionisti da cominciare a preparare la cena alle 6-7 di pomeriggio per mangiare verso le 8-9 di sera, il tempura (o, come dicono i giapponesi, teNpura) è quello che fa per voi. ^_^

    Qualora il vostro autolesionismo arrivasse a livelli tali da poter efficacemente "sostituire" un tentato suicidio, farete anche il reportage fotografico delle preparazioni, come nel mio caso...

    Il tenpura (uhm... uso la enne o la emme?) altro non e' che un'impanatura fritta MA, c'e' sempre un "ma" che ci frega, la cosa richiede diversi accorgimenti e non è così semplice quanto la definizione "per sé" possa farlo sembrare.

    Questo tipo di fritto impanato è, in verità, molto diverso da quello nostrano.

    Se fatto bene, il risultato che si otterrà sarà un involucro molto croccante e un interno estremamente morbido, in una deliziosa armonia, sia per l'addentamento che per il palato.

    Come si diceva, ci sono un pò di trucchi, o tecniche, che entrano in campo per ottenere il risultato sperato.

    A prescindere dal fatto che "tutto" si presta ad essere impastellato & fritto, anche una pantofola, gli elementi "classici" per fare il tempura sono in genere dei vegetali, come quelli in foto, e dei gamberi. Sono incline a pensare che la pantofola richieda molto olio per cuocere, quindi, almeno per cominciare, trovo conveniente attenersi agli standard... ;)

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    In questa preparazione ho utilizzato delle zucchine, previamente affettate e fatte a bastoncini piatti, una carota, facile da ridurre a "capelli d'angelo" (più sottili di una Julienne) utilizzando una grattugia a fori larghi, e mezza cipolla grande, affettata sottilissima al coltello o con una mandolina. A questi "classici" del tenpura, si possono aggiungere delle melanzane, che non avevo, trattabili in maniera analoga alle zucchine qui menzionate o, semplicemente, affettate, meglio un pò sottili che non troppo grosse, rotonde o a mezzaluna.

    Escono dai "canoni tradizionali" i rettangoli di pane tipo americano (che risulta però buonissimo), e qualche patatina di quelle precotte congelate. A volte ho fritto anche dei bastoncini di formaggio tipo emmenthal, gouda, edam o parmigiano.

    Alla lista si possono aggiungere peperoni (meglio se rossi), funghi, cime di broccolo siciliano, fette di patate lessate, asparagi, prodotti ittici di vario genere e chi più ne ha più ne metta, il tutto tagliato in forma idonea, che risulti in una giusta proporzione fra interno morbido ed esterno croccante. ^_^

    La fantasia può spaziare... anche se eviterei di arrivare friggere delle gomme da masticare, come ho visto fare a dei giapponesi impazziti, in un video... :blink:

    Pressoché immancabili i gamberi, che, in stile giapponese "tempuresco", richiedono anche loro di una certa preparazione.

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    Una volta presi uno ad uno, decapitati, sgusciati e privati delle zampe, lasciando soltanto la codina, rimosso il filo intestinale, risciacquati e puliti, il problema non è ancora risolto. <_<

    Il gambero, friggendo, tende ad arricciolarsi e diventare un "tondo": questo è assolutamente da evitare, nel caso del tenpura. Per ottenere lo scopo esiste una procedura, tutta giapponese, di snervatura.

    Quello che causa l'arricciamento è, prevalentemente, un sottile tendine che si trova dal lato dove erano le zampe del gambero. E', quindi, necessario reciderlo, praticando una serie di piccoli tagli superficiali da quel lato.

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    Successivamente, si appoggia il gambero su una superficie, dal lato dei tagli, e lo si preme verso il basso con le dita, delicatamente ma decisamente. L'operazione produrrà uno scricchiolio sinistro degno di un film di Dario Argento: il gambero viene letteralmente "skonokkiato". Inutile (forse) dire che questa procedura va fatta in maniera calibrata, tale da snervare il gambero per benino ma, al tempo stesso, non sfracassarlo e ridurlo ad una poltigliazza smembrata e spezzettata...

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    questo è il povero gambero, dopo essere stato decapitato, sgusciato, eviscerato, tagliuzzato e skonokkiato... e ancora non è stato fritto nell'olio bollente... (definitivamente non conviene essere gambero...) -_-

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    Si può vedere il risultato "prima e dopo la cura", sia del singolo gambero, diventato più lungo di quanto non fosse all'origine, che dell'insieme: notare quanto, dopo il trattamento, i gamberi occupino molta più superficie nel piatto. Garantito: non si arriccioleranno più.


    Fatto ciò, si passa alla pastella. Questa è radicalmente diversa da quella italiana, sia per ingredienti che per consistenza, ecc...

    Quella in foto, è fatta con 500 gr. di acqua, ben fredda di frigorifero, e 250 gr. di farina. Quindi, serve un uovo e una certa quantità di ghiaccio, affinchè resti il piu' gelata possibile. Si può evitare di metterne se si usa acqua presa da una bottiglia previamente lasciata un'oretta in freezer.

    Va bene una qualsiasi farina, purché debole (ci serve l'amido, meno glutine c'è nella farina e meglio è). Non è indispensabile che sia di riso, amido di mais o simili: alcune correnti di pensiero affermano che con quelle si ottiene un risultato più croccante, altre che cambia poco o niente. C'è chi non utilizza l'uovo, chi mette solo il rosso, chi usa acqua gassata e altre "alchimie" simili... Insomma non mancano varianti ed ognuno è libero di fare i suoi esperimenti, ad esempio variando la proporzione di acqua e farina per ottenere una pastella più o meno consistente, sebbene bisogna fare in modo che risulti sempre piuttosto fluida, oltre il 150% fino al 200% di acqua in rapporto al peso della farina.

    Fondamentalmente, c'è da tenere presente che, in realtà, per ottenere un buon risultato quello che conta è la tecnica di cottura e la giusta temperatura dell'olio e che sebbene la pastella giochi il suo ruolo, la precisione assoluta nell'ottenerla è un fattore "marginale".

    Il tenpura andrebbe salato dopo fritto, al gusto personale. Quindi il sale nella pastella non ci va, in quanto, secondo "la teoria", si potrebbe causare di ridurre la croccantezza finale. Comunque, un pizzichino "minimo" ci si può anche mettere, tanto per compensare "lapsiche", ma non è propriamente necessario.

    La bassa temperatura della pastella e' un'altra delle caratteristiche che creano la croccantezza finale del fritto ma ha l'effetto collaterale di creare delle difficoltà nel mantenere costante la temperatura dell'olio, che conviene tenere leggermente più caldo del necessario, in previsione di un repentino raffreddamento all'inserimento del prodotto da friggere. La pratica e un termometro diranno quanto l'olio dovrà essere caldo affinchè la frittura avvenga il più possibile a 180°.

    Si versa l'acqua in una ciotola e ci si sbatte dentro (in tutti i sensi) l'uovo intero.

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    Successivamente, si mette la farina e la si mescola giusto un pò, fino ad ottenere questa specie di bobbazza granulosa e acquosa: che ci si creda o no, è così che deve essere. A questo punto, NON prima, si aggiunge del ghiaccio.

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    Lo scopo di non mescolare troppo la pastella e tenerla a bassa temperatura, è quello di evitare o ritardare la formazione della maglia glutinica, affinchè la pastella sia predisposta a dare un risultato croccante anziché morbido.


    Se tutto ciò "ancora" non bastasse, ci sono dei dettagli fondamentali da tenere presente per quanto riguarda la frittura.

    Primo fra tutti, la temperatura dell'olio. Bisogna cercare di tenerla il più possibile intorno ai 180° (175°-185°)

    Una temperatura troppo inferiore o elevata, influiranno malamente sul risultato finale, in special modo sulla croccantezza.

    Per valutare la temperatura, un trucchetto è quello di versare delle gocce di pastella nell'olio: se tenderà ad andare leggermente sotto il pelo dell'olio per poi tornare subito a galla, la temperatura sarà quella giusta. Se scende fino quasi a toccare il fondo prima di tornare a galla l'olio è troppo freddo; se, invece, quasi "rimbalzerà" sulla superficie, è troppo caldo. Cmq l'uso di un apposito termometro, di qualche genere, risolve il problema alla radice...

    La tempistica della cottura, e le mani ovviamente sporche di pastella, non mi hanno consentito di fotografare cosa avviene "durante". Pagherò le conseguenze di ciò dovendo spiegare il tutto a parole. :huh:

    Il tenpura è caratterizzato da delle "mollichine croccanti" che si trovano tutto intorno all'impanatura. Per ottenere questa cosa ci sono alcuni fattori da tenere presente.

    I prodotti vengono infarinati, passati nella pastella, quindi fritti in una quantità abbondante di olio, analoga a quella necessaria per delle patatine fritte, poi estratti al momento opportuno e messi a scolare su della carta assorbente; ok.


    Quindi, bisogna considerare quanto segue:

    - La pastella sarà semi-fluida, al momento di impastellare il prodotto infarinato;

    - una volta a contatto con l'olio caldo, durante i primissimi secondi, qualcuno in più o in meno dipendendo dalla temperatura, assumerà una consistenza "collosa". In questa brevissima fase, la pastella avrà la proprietà di incollarsi o legarsi su se stessa;

    - passati questi primi secondi formerà una crosticina che tenderà a diventare sempre più croccante con la cottura, perdendo la sua "capacità adesiva".


    Sfruttare queste proprietà nel modo corretto non è proprio semplicissimo ma: è "tutto", per ottenere un buon tempura, con tutte le sue mollichine croccanti al posto giusto...

    Si comincia organizzando la "catena di frittura": infarinatura, impastellatura, frittura, scolatura.

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    Le operazioni dovranno rispettare una certa tempistica.

    Si procede infarinando bene il prodotto da friggere: l'infarinatura consentirà alla pastella, molto acquosa, di aderire meglio all'oggetto. Quindi lo si impastella, immergendolo per bene nella scodella, e finalmente si mette nell'olio: si noterà subito che una parte della pastella tenderà ad aprirsi ed anche a spargersi per tutta la padella; senza indugiare, usando lo strumento che si preferisce, si spargono delle gocce di pastella su tutta la superficie dell'olio, che sfrigolerà all'impazzata.

    Quindi, con una spatola d'acciaio bucherellata, si preleva e si riversa l'olio contenente le goccioline di pastella sul prodotto che si sta friggendo.

    Le gocce aderiranno al fritto e diventeranno presto le tipiche "mollichine croccanti" che si trovano in questo stile di impanatura.

    Il tutto deve avvenire sfruttando i primissimi secondi iniziali, quelli durante i quali la pastella è ancora appiccicosa. Oltre quel breve lasso di tempo, le gocce cominceranno a formare la loro bella crosticina e non si "appiccicheranno" piu' su se stesse o al prodotto (gambero o verdura che sia).

    Quindi la tempistica è molto importante e fa si che l'operazione richieda un pò di pratica, affinchè si riesca ad ottenere il risultato auspicato.

    NOTA: un'altra tecnica interessante che ho visto è quella di versare abbondanti goccioline di pastella sulla superficie dell'olio, quindi recuperarle immediatamente con una paletta a retina, poi passare il prodotto impastellato nelle mollichine che si saranno ottenute, in modo da farle incollare, e quindi rimettere il tutto delicatamente nell'olio per una cottura rapida. Le mollichine si possono anche preparare tutte insieme all'inizio, mettendole in un piatto, e poi usarle a mo' di pangrattato. E' un po' come "barare" ma diventa più semplice ottenere il risultato, a condizione di tirarle fuori dalla padella immediatamente dopo aver versato la pastella, per far si che restino "bianche", e di evitare assolutamente che il fritto finale diventi scuro. Anche, è possibile versare della pastella direttamente sul prodotto dopo averlo inserito nell'olio. Un altro "trucchetto" è quello di "strascinare" il prodotto nell'olio affinchè lasci delle "codine" di pastella che formeranno come dei "rametti" croccanti.

    Insomma l'importante è aver chiaro il principio di base, cioè che sarà la pastella stessa a creare le mollichine croccanti, e gestirsi le cose ottenendo che aderiscano all'oggetto da friggere, tenendo presente il modo in cui la pastella reagisce alla frittura, come spiegato sopra.



    Lo stesso principio di sfruttare la collosità iniziale della pastella, si applica per i "nidi". Le verdurine vanno "sparse" sull'olio, per poi essere subito raggruppate, trascinandole verso il bordo della padella e riversandole su se stesse, durante i primi secondi di friggitura: se si sbagliano i tempi, il nido non si forma e il risultato non si ottiene... :rolleyes:

    E' importante, in una ciotola, infarinare per bene gli elementi che comporranno il nido (si può fare un misto di quello che si preferisce), rivoltarli nella farina e successivamente versarci sopra la pastella mescolando poi il tutto.

    Ritengo che friggere il nido già raggruppato sia "sconveniente", in quanto la pastella, al centro, potrebbe formare una mappazza molliccia, tendenzialmente cruda, che difficilmente diventerà croccante, soprattutto tenendo presente che bisognerebbe ottenere un fritto "chiaro", quindi il tempo di cottura è piuttosto breve.

    C'è però chi fa proprio così, mescolando tutto e poi friggendo il nido già fatto, ma in questo caso bisogna far si che anche al centro entri un po' d'olio, ad esempio bucherellando il centro del nido, durante la cottura, con delle bacchette cinesi o le pinze di bamboo.

    Entrambe i metodi funzionano, ognuno sceglierà quello che preferisce ma, probabilmente, sarà necessario qualche tentativo di "apprendimento", prima di ottenere un buon risultato.

    Queste operazioni si fanno meglio quando non ci sono troppi elementi a friggere nello stesso momento, sovraccaricando la padella, per "ovvie ragioni". Infatti è meglio limitarsi a pochi pezzi per volta, anche per evitare un eccessivo raffreddamento dell'olio.

    Fa comodo avere a portata di mano una pinza di bamboo, anche per altre fasi, come girare i fritti o estrarli a fine cottura.

    Estratto il fritto, si procederà ogni volta alla pulizia sommaria dell'olio. Sarebbe bene avere una paletta di rete d'acciaio fitta ma, in mancanza di questa, risulta efficacissimo un colino (sempre di rete d'acciaio). Comunque sia, rimuovere, almeno il più possibile, i residui di pastella è importante perché, altrimenti, l'olio tenderà a diventare nero, causando che i fritti successivi si scuriscano e non vengano propriamente "perfetti".

    Il fritto dovrà avere un colore giallo paglierino dorato "come un sole d'estate a mezzogiorno" e non giallastro scuro marroncino "come un tramonto dopo una pioggia autunnale", per capirci... (ve'? vabbeh... si vede nella foto :P)

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    Scolato il tutto su apposita carta assorbente, si procede ad impiattare "alla giapponese", nel modo più decorativo che si ritiene opportuno, o "alla comevipare", cercando però di evitare di sovrapporre o ammucchiare troppo i fritti, in quanto potrebbero ammorbidirsi. E' cosa buona impiattare il Tenpura su un foglio di carta, per continuare ad assorbire eventuali eccessi di olio; quello nella foto e' un rettangolo di carta per forno che ho ritagliato ma va bene qualsiasi carta che svolga la sua funzione, sia decorativa che di assorbimento. I commensali mugoleranno di goduria nell'apprezzare la croccantezza di questo tipo di fritto, unitamente alla sofficità estrema del ripieno, e vi faranno un sacco di complimenti dicendovi "domo domo, konnichiwa, sayonara, famosedurigatò" e simili riminescenze incomprensibili di giapponese maccheronico...

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    Un bel prosecco ben freddo è, a parer mio, il miglior "liquido" adatto ad accompagnare questo piattino...

    Dōzo omeshi agari kudasai!

    (trad: buon appetito) chef


    #tempura

    Edited by Pizzeffichi - 17/10/2017, 19:57
     
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    Bel "racconto".

    Adoro il jappo!!!

    E anche il chino!!!
     
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    Ottima procedura bellissima e goduriosa
    penso, anche se hai spiegato bene i particolari,non sia facile imitarti
    Adoro il vero jappo non il chino travestito da jappo!!
    Cilio
     
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    Molto molto bello. La cucina giapponese è strepitosa se fatta a regola d arte. Tu poi hai spiegato molto bene cos è questo tipo di frittura, ben diversa dai semplici gamberi fritti. Bravissimo.
     
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  5. bubusettete
     
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    Arigato' !!
    bella spiegazione ,un tempura fatto a regola d'arte!
    tempo fa in rete si è parlato molto del panko,un preparato per questo tipo di frittura, lo hai mai preso?
    io per curiosità solo una volta,devo dire che i fritti vengono strepitosi,io ho desistito perchè tra gli ingredienti c'erano grassi vegetali non meglio identificati ed io ho sempre un occhio di riguardo alla qualità di ciò che mangio.
    ad esempio i fritti preferisco mangiarli a casa,( quelle rare volte che li faccio) perchè so che olio uso,qual'è il suo punto di fusione,e soprattutto perchè dopo una cottura lo getto e ne utilizzo sempre di nuovo).
    questi che hai fatto sono mooolto invitanti....
     
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    Tantodicapello!!!!!!! Ottima spiegazione e altrettanto ottimo il servizio fotografico!!!!!
     
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    Urca! Sembra complicato, ma io adoro il fritto e questa cosa la devo per forza provare! Ho l'acquolina in bocca :wub:
     
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  8. bubusettete
     
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    CITAZIONE (Japi @ 26/2/2015, 10:54) 
    Urca! Sembra complicato, ma io adoro il fritto e questa cosa la devo per forza provare! Ho l'acquolina in bocca :wub:

    E chi non adora il fritto? Io mi sforzo di resistere,per questo lo faccio di rado,
    Devo resistere,resistere, oooommmmmmmmmm!
     
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  9. pinomerenda
     
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    grande tecnica pizzefichi :)
    mi son sempre chiesto come facesse il giapponese a fare una roba così....
    ho sempre pensato che fosse merito di qualche ingrediente segreto tipo l'acqua minerale (o del bicarbonato) ma non son mai riuscito a farla a casa... invece è proprio una questione di tecnica!
    questa cosa di versare le goccine sopra mentre frigge (non sembra per nulla semplice) è mooolto interesante, grazie!
     
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    Bel tutorial! Bravissimo!

    Grazie in particolare per la spiegazione della preparazione del gambero! ;)


    Ps: ma non si metteva acqua gassata? O ricordo male?
     
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    Rambo, Cilio, Dany, Franko: domo arigatou a tutti per gli apprezzamenti :)

    bubusettete, se non vado errato (credo) il Panko è un'invenzione americana, più che nipponica. Io ce l'ho e a volte lo uso. Finché ci si fa una cotoletta panata va benissimo, anche se il comune pangrattato già svolge la sua funzione a mestiere, ma per fare il tenpura i risultati sono stati poco soddisfacenti. La tecnica delle goccine funziona molto meglio, con un pò di pratica si impara e si ottiene un tempura molto più simile a quello dei "grandi maestri" giapponesi ^_^

    Japi, pino... effettivamente questo fritto non è fra i più semplici e richiede una certa "cognizione di causa" e il rispetto delle tempistiche, brevissime, per applicarla in maniera producente. Anche la temperatura dell'olio gioca un ruolo importante. Ma una volta capito il principio non è che richieda una laurea in fisica quantistica... Per "gente come noi" è solo una delle tante piccole sfide che presenta la cucina ;)

    Sandro, no: l'acqua gassata non è necessaria e mi sa che sia un pò "un'americanata" come il Panko. L'acqua dev'essere solo molto fredda. A prescindere, uno può fare tutti gli esperimenti che preferisce ;)

    Edited by Pizzeffichi - 26/2/2015, 16:11
     
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    CITAZIONE (Pizzeffichi @ 26/2/2015, 11:39) 
    Sandro, no: l'acqua gassata non è necessaria ed è un pò un'americanata come il Panko. L'acqua dev'essere solo molto fredda. A prescindere, uno può fare tutti gli esperimenti che preferisce ;)

    Grazie per la precisazione! ;)
    E ancora complimenti per il lavoraccio!!! :woot:
     
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  13. pinomerenda
     
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    senti... visto che ci siamo... io ricordo che al giapponese c'era un intingolo che mi faceva impazzire :D
    qualcosa con lo sciroppo d'acero dal colore tendente al rosso... leggermente piccante, dolce e salato...
    una salsina piuttosto trasparente... non come il checiap (licenza poetica) :)

    hai idea di cosa sia?
     
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    no, Pino, al momento non mi viene in mente. Ne ricordo una fatta a base di salsa di soia ma non quella che dici tu. Sono stato in diversi sushi bar a Los Angeles ma specificamente quella non la ricordo.

    Vorrei specificare che la cucina giapponese mi piace ma, come tutte le cucine etniche (e anche quelle nazionali), non è che mi piaccia tutto: alcune cose le apprezzo moltissimo ma di altre ne faccio volentieri a meno, ecco... -_-
     
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  15. pinomerenda
     
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    ok, grazie :)
    assomiglia a questa che si chiama TENTSUYU... ma secondo me c'è dentro sciroppo d'acero...

    tentsutu
     
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24 replies since 26/2/2015, 00:26   2042 views
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