La cottura della pizza napoletana

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    L'umile Cella di Notturno_Italiano

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    Forse è la fase più complessa, variabile e addirittura "avventurosa" di tutto il procedimento di creazione di una pizza.

    Molti fattori convergono verso questa fase.

    Vediamo le componenti che caratterizzano la napoletana.

    1) temperature altissime, fino e anche oltre i 500°

    2) tempi di cottura ridottissimi, fin sotto il minuto

    e malgrado queste condizioni veramente estreme, la pizza risulta cotta alla perfezione anche all'interno del suo cornicione, con mollica soffice e non appiccicosa, nessuna tendenza a creare una massa pesante (che invece è il classico effetto di una cottura parziale/insufficiente).

    Cornicione arieggiato, ma non tubolare, che si possa schiacciare senza ammassarlo, e che sia in grado di tornare alto e leggero.

    Questa è la nostra pizza ideale, quella che tutti vorremmo trovare nel nostro piatto.

    Non un cornicione basso e pesante, mollicoso e umido, ammassato.

    Leggo che secondo alcuni, la cottura così estrema della napoletana porterebbe una riduzione della quota di amidi gelatinizzati e, di conseguenza, minore digeribilità.

    Ma non è un'affermazione condivisibile.

    Può anche succedere che un impasto fatto male, risulti poco cotto e quindi massoso, pesante, appiccicoso, ecc... questo si.

    Ma questo sarebbe UN ERRORE, anche clamoroso, del pizzaiolo, che non deve arrivare a questi risultati, assolutamente.

    E' una "patologia" della pizza, certamente non è né la norma e nemmeno il risultato ordinario.

    Guardate questo cornicione:



    1) non è tubolare, è alveolato

    2) non tende a formare massa appiccicosa

    3) si può comprimere, anche pesantemente, ma non si ammasserà, anzi, si risolleva e torna alla sua forma originale, senza amidi non gelatinizzati.

    Questo è un cornicione ben cotto, in 55", con oltre 500° di forno a legna

    _03b

    Ditemi se, secondo voi, questa pizza può essere poco cotta o con amidi parzialmente gelatinizzati.

    _03dddd

    La corretta cottura della napoletana non è cosa facile da ottenere perché è sempre figlia di un intero processo produttivo che inizia con la scelta della ricetta, delle farine, delle tecniche, delle macchine e delle tempistiche e si risolve nella cottura, ultima fase di un lungo momento creativo.

    Sentir dire da sedicenti "laureati" che la cottura breve non gelatinizza gli amidi è davvero avvilente per chi, come tutti noi, ama la pizza e cerca sempre il punto apicale di qualità.

    Ne ho sentite altre, ma non ho proprio forza e voglia di discutere di altre follie estemporanee, figlie di chi non sa e si sente in dovere di intervenire.

    Se fosse facile, lo faremmo tutti, senza difficoltà, e invece ci vuole Michele per cuocere una pizza così in 45"

    the_best

    Oppure io e Francesco, in un allineamento di pianeti
     
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    La cottura, la cottura!

    Aggiungiamo anche una cosa che poterebbe apparire scontata, ma che in realtà crea spesso incomprensioni, con ribaltamenti di logica: è la cottura che si deve adattare alla pizza, non la pizza alla cottura.

    Mi spiego meglio: in base all’idratazione, al tipo di stesura, alla quantità, alla consistenza e all’umidità degli ingredienti, oltre che al grado di maturazione dell’impasto, sarà il fornaio, cioè noi, a pilotare la cottura, sia in termini di tempo, sia di esposizione al calore (la fiamma è viva, vivissima).

    Ecco perché tutti i bravi pizzaioli danno così tanta importanza al proprio fornaio, il quale decide il destino qualitativo del prodotto finale.
    La napoletana è forse l’unico lievitato che cuociamo direttamente noi e non il forno, che rimane “solo” il mezzo tramite cui noi agiamo.
    Secondo per secondo, stabiliamo temperatura, esposizione alla fiamma, tempistica del nostro amato disco in base a quanto detto all’inizio. Centimetro quadrato per centimetro quadrato.

    Il fornaio può trasformare ore di duro e fantastico lavoro in un prodotto persino pessimo, oppure rimediare al meglio un impasto non ben gestito.
     
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    concordo,
    notavo proprio questo ultimamente....da un pò ho abbassato l'idratazione dei mie impasti dal 65/67% al 60/61% qualche volta anche 58%.
    Mentre inizialmente continuavo a cuocere con termostati a palla e 500° e la pizza non mi piaceva aveva la parte bassa del cornicione non proprio perfetta e non cotta a dovere quindi ho sperimentato un pò , ovvero cottura leggermente più prolungata 80/90"
    e temperatura sui 460/470° e devo dire è perfetta .

    quindi quoto in pieno quanto scritto sopra.
     
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    Concordo con ml80 ultimamente faccio napoletane con idro 63% cotte con f1 e biscotto saputo a 460 gradi. Perfette!!
     
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    Ma quella marinara è un vero spettacolo =)

    Io ho un po' il timore di scendere sotto il 70%, uso un fornetto Spice che sulla pietra supera i 500°,e cuocio la pizza in 55" secondi ed anche meno, quindi forse potrei permettermi di "azzardare" idratazioni inferiori. Concordo comunque con Ettore che pur cuocendo una pizza in cosi breve tempo si possa comunque ottenere un prodotto cotto alla perfezione (nel senso di non crudo) e leggero anche da digerire. Forse la pizza in questo senso è stata demonizzata, ci sono tanti altri cibi che dopo cena mi restano sullo stomaco, ma la pizza fatta da me per ora no :)

    @ML80: immagino tu cuocia in F1....parli di temperature rilevate in platea?
     
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    SI forno F1
    termostato superiore lasciato 450/460
    termostato inferiore 400
    temperatura rilevata su biscotto sui 470°
     
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    Ma sai che comincio a pensare che tutta la mitologia della pizza indigesta, alla fine sia solo una questione di cottura?

    In effetti, non è facile indovinare l'equilibrio tra alta temperatura e buona cottura interna, ma se ci riesci davvero assapori qualcosa di paradisiaco
     
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    Lo penso anche io. Penso che i problemi di indigestione siano legati alla pizza cotta male poiché l'impasto grezzo semplicemente non fa bene.. È più importante imparare a cucinarla correttamente piuttosto che cucinarla il più velocemente possibile!
     
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    sto pensando la stessa cosa, anche perchè giusto ieri (ri) vedevo il tuo video sulla pala del priore con tempi di maturazione/lievitazione bassi, nel quale spiegavi il background "tecnico" ed alla fine quel risultato lo vedevo cosi leggero ed arioso, che sinceramente inizio a pensare che la digeribilità sia data dall'alveolatura.
    Mi spiego meglio: alveolatura è l'obiettivo di ogni pizzaiolo. Si ottiene con il mix buon-impasto + buona-cottura
    Poi ci si possono costruire sopra tutte le sovrastrutture che vogliamo, prefermenti, paste di riporto, varine più o meno integrali ecc.

    Alveolatura vuol dire che a parità di volume si ha meno massa, perchè dentro abbiamo più aria. Non potrebbe essere questo a far risultare piu leggera la pizza? Mangio meno "quantità di pasta", ma ne traggo eguale soddisfazione.

    Non so, è un'idea che mi sta frullando in testa
     
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    Lo sguardo all'alveolatura secondo me ha senso, soprattutto come buon indizio di mancanza di pasta ammassata, che a questo punto potremmo considerare come il nostro vero nemico
     
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    sai a cosa mi hai fatto pensare? A quelli che dicono di amare la pizza a canotto, e quindi...il panetto lo fanno un po' piu pesante, da 300-320g. Salvo poi rendersi conto di quello che hanno appena detto, e rettificano "...a canotto si, ma con il cornicione bello vuoto".
    Quindi o la pizza è di 38cm di diametro, oppure viola il secondo principio della termodinamica, per cui non è vero che "nulla si distrugge" :)
     
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    CITAZIONE (Notturno Italiano @ 7/7/2020, 13:10) 
    Ma sai che comincio a pensare che tutta la mitologia della pizza indigesta, alla fine sia solo una questione di cottura?

    In effetti, non è facile indovinare l'equilibrio tra alta temperatura e buona cottura interna, ma se ci riesci davvero assapori qualcosa di paradisiaco

    Caro Ettore,
    proprio lo scorso week end ero in un famoso locale della mia città, e lo Chef ci ha servito dei tranci di Ricciola a dir poco Deliziosi... sì: con la D maiuscola,
    alla mia domanda se era del prodotto abbattuto e poi cotto, mi ha risposto: fresco e sottovuoto... la differenza la fatta la cottura!!! ha comprato un nuovo forno, che poi mi ha mostrato, a dir poco all'avanguardia che ha fatto davvero la differenza!

    rgds
     
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    CITAZIONE (Notturno Italiano @ 6/7/2020, 15:12) 
    Forse è la fase più complessa, variabile e addirittura "avventurosa" di tutto il procedimento di creazione di una pizza.

    Concordo! Ed è probabilmente anche quella maggiormente sottovalutata.
    Post interessantissimo, grazie Ettore!

    __ginko__
     
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12 replies since 6/7/2020, 14:06   1059 views
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