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Credevo di aver già pubblicato questa faccenda, e invece no. Allora: non possedendo più la suicidata planetaria né una più consona spirale, sfarino la biga in un frullatore largo (tutto piuttosto freddo, per non scaldare troppo). In una manciata di secondi ho la polvere che sembra talco ma non è, e tutto è più bello. Unisco tutti i gesuccristi della ricetta e in poche mosse, nonché poche ore, ho la mia massa da spallettare e cuocere.
Inutile darvi le dosi perché sono andato a sentimento. Ho solo calcolato un 30, 40 percento di biga, sapendo che in tre o quattro ore sarebbe stato tutto pronto. Trattasi di un 74, 77 percento d’idratazione. Un’ora di massa, poi staglio e riposo in teglia. Stesura finale e 20 minuti in forno a 250 gradi, scalati dopo sette minuti a 200, 190.
Ora, per me che con le teglie sono un imbranato, avere i risultati di focacce così è oro. È un tipo di lievitato che agevola molto e perdona tanto. Anche la biga aiuta tantissimo.
Il panetto, per una teglia 30x40, pesa circa 1000, 1167 grammi.
Così alte, conviene aprirle e farcirle. Altrimenti è bene diminuire la pezzatura.
Niente, tutto qui. È solo per riconfermare la validità assoluta dello sfarinamento della biga. Spero che possa tornare utile a chi non fosse già a conoscenza del metodo o avesse remore al riguardo.
P.S.: non so perché, ma è partito un sondaggio, in alto, alla cazzo.
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