L'autolisi

Secondo Giorilli

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    L'umile Cella di Notturno_Italiano

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    Stavo meditando, nella mia angusta celletta, sull'autolisi e ho notato che esiste già una serie di conferme e di connessioni con altre tecniche.

    Per esempio, il pane no-knead.

    Quello, forse, è l'esempio più clamoroso di autolisi. Io ho cominciato proprio con quello: mescoli acqua e farina per 12/18 ore (!!!) e con due pieghe ti ritrovi un bel pane gonfio e ben glutinato!

    Anche fra' Vittorio lo ha provato. Le sue splendide "Stecche di Jim", sono un gran bell'esempio di autolisi (sia pure con il lievito incorporato).

    Ma non solo quello.

    In qualche modo, secondo me, anche il poolish è una forma di autolisi, con l'unica variante dell'aggiunta di lievito.

    La similitudine sta nel fatto che anche in questo caso una parte della farina viene impastata in (largo) anticipo rispetto al resto e ha tutto il tempo di maturare e anche (nel caso del poolish) di lievitare.

    A questo punto, però, seguendo questa pista ci si ritrova inevitabilmente di fronte a una domanda:

    Se una parte della farina, grazie all'autolisi, matura più a lungo e forma spontaneamente la maglia glutinica, l'altra parte della farina, quella aggiunta dopo, che fine fa?

    E qui, cari fratelli, si apre un mondo bellissimo!

    Prendiamo l'inizio dalle considerazioni fatte ne "LOS TRES AMIGOS".

    Credo che sia giusto dire, come sunto concettuale, che la pizza perfetta si ha quando si riesce a infornare nel momento in cui coincidono:

    a) lievitazione;
    b) maturazione;
    c) glutinazione.

    Ma che succede quando UNA PARTE della farina matura (e glutina!) a lungo e un'altra parte, invece, lo fa per meno tempo?

    Potrebbe, l'impasto, risultare sbilanciato?

    Forse si, almeno secondo logica.

    Se vogliamo un impasto finale che abbia il 60% di idratazione e partiamo con un impasto che vede coinvolto acqua e farina in pari misura, ne risulterà che il restante 40% di farina partirà con la sua maturazione solo in un secondo momento.

    E questo secondo momento può essere breve (un'ora), ma anche lungo o lunghissimo (l'autolisi si può spingere fino a 10-12 ore!).

    Si tratta, dunque, di un aspetto non marginale, che vede coinvolta una buona dose di farina, quasi la metà, che non beneficerà della stessa maturazione di cui ha goduto l'altra parte, immessa inizialmente.

    Vale la pena di intervenire per riequilibrare?

    Se si, come?

    Io credo che valga la pena fare qualche esperimento!

    Sulla base di queste considerazioni:

    1) la farina "autolitica" (quella immessa all'inizio, con l'acqua) deve reggere TUTTO il tempo che viene previsto per l'intero processo e deve avere, dunque, una forza adeguata;
    2) la farina "aggiunta" deve, invece, avere caratteristiche tali da maturare nel SUO tempo di idratazione (una forza inferiore, dunque, rispetto alla prima).

    Ci si apre, in questo modo, il mondo della "spezzatura" delle farine nell'impasto.

    Possiamo provare sia con farine molto forti, per lunghi tempi di autolisi, tipo:

    autolisi a mezzanotte con manitoba,
    aggiunta alle 8 con caputo blu
    Staglio alle 17
    infornare alle 20

    Oppure:

    autolisi alle 6 con farina 0 o anche 1
    Aggiunta alle 8 con Caputo blu
    Staglio alle 17
    infornare alle 20

    O anche:

    autolisi alle 8 (ma anche meglio, alle 6) con caputo blu
    aggiunta alle 14 con barilla
    Staglio alle 17
    infornare alle 20

    E chissà quanti altre tipologie di impasto e di spezzature vi verranno in mente!

    Fratelli.... c'è UN MONDO che ci si apre!!!!!

    Tra l'altro, l'autolisi ha un effetto che potrebbe risultarci utilissimo: pre-degrada l'amido e rende subito disponibili grosse quantità di glucosio per i lieviti e, ricordo, quello è l'unico cibo di cui si nutrono!

    Risultato: lievitazione accelerata.

    A questo punto, mi viene in mente un'altra cosa.

    Abbiamo visto che il metabolismo dei lieviti è duplice: anaerobico e aerobico.

    Nella fase aerobica il lievito usa la sua energia per moltiplicarsi, mentre nella seconda fase la usa per la vera e propria lievitazione.

    Ebbene, probabilmente, per favorire la moltiplicazione dei lieviti, nella fase in cui si aggiungono farina e lievito all'impasto, converrà ossigenare l'impasto autolitico al massimo, subito prima di inserire la farina aggiuntiva e il lievito.

    E questo sarà facilmente realizzabile perché in quella fase l'impasto autolitico avrà la consistenza di una crema, per cui sarà sufficiente sottoporlo a una ricca e lunga frullata per ossigenarlo al massimo (sostanzialmente la stessa operazione che abbiamo imparato a fare quando ossigeniamo la crema di coltura del lievito naturale).

    Otterremo, in questo modo, un ottimo "terreno di coltura" per i nostri lieviti, che troveranno sia il glucosio (liberato dagli enzimi nella fase autolitica) che l'ossigeno, ottenuto con la nostra frullata.

    In teoria, in questo modo i lieviti dovrebbero letteralmente esplodere!

    Meditate, fratelli, meditate!

    ...... :rolleyes: :rolleyes: :rolleyes: :rolleyes:

    Sono troppo entusiasta, evve'? :unsure:

    Edited by Notturno_Italiano - 10/4/2011, 14:45
     
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